Chloe Bianco, l’odio e i giudizi feroci (corriere.it)

di Gian Antonio Stella
Chissà quanti laici, atei, agnostici, 
frequentatori di religioni e di Messia diversi 
si sono interrogati in questi giorni, 
davanti alla tragedia della docente transgender che si è uccisa dandosi fuoco, sulle parole dette da Papa Francesco sulle persone dalla sessualità angosciata: «Chi sono io per giudicare?»

«Chi sono io per giudicare?». Chissà quanti laici, atei, agnostici, frequentatori di religioni e di Messia diversi si sono interrogati in questi giorni, davanti alla tragedia di Chloe Bianco, la docente transgender che, da tempo lasciate l’ex moglie e la figlia, si è uccisa dandosi fuoco nell’ultimo rifugio, il suo camper vicino a Misurina, sulle parole dette da Papa Francesco sulle persone dalla sessualità angosciata: «Chi sono io per giudicare?»

Elena Donazzan, l’assessora regionale veneta già nota per varie sortite sghembe e feroci, la domanda non se l’è mai posta di sicuro. Basti ricordare il disprezzo, giustamente bacchettato da Roberto Saviano, con cui ha liquidato Chloe («credo che chi ha lasciato solo “il professor Bianco” sia il movimento Lgbt») per la scelta presa il giorno in cui si presentò in classe con un vestito da donna. Risatine, sberleffi, pettegolezzi…

Senza un minimo di quella pietas che, senza scomodare psicologi, filosofi o profeti, mostrò anni fa Enrico Ruggeri autore di quella canzone stupenda titolata Trans: «Se mi sentiste parlare, / trascurando la mia voce, / comincerei a raccontare / ciò che nessuno dice, / ciò che nessuno sa: / una storia di dubbi / e di fughe da casa, / di vestiti sbagliati / di qualche inutile attesa / e di rabbiose ostentazioni / e le parole delle canzoni, / mai scritte per me…».

Che importa, alla Donazzan? La stessa che come assessora e aspirante condottiera della razza padana invocò che il Veneto mettesse un tetto «molto inferiore» al 30% alla presenza di stranieri nelle aule, ignara dell’odio analogo che subirono i nostri nonnileggi tutto

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