La guerra di Trump alla democrazia: cosa ha scoperto finora la commissione che indaga sull’attacco al Congresso del 6 gennaio (valigiablu.it)

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L’assedio al Congresso degli Stati Uniti, come 
ha detto il giornalista del New York Times 
Peter Baker, è stato “al 100 per cento prevedibile 
e al 100 per cento inimmaginabile”. 

Si sapeva che poteva succedere, perché era stato evocato nei giorni e mesi precedenti, ma vederlo succedere è stato comunque un qualcosa di inconcepibile.

Proprio per questo, rifletteva a caldo la storica Joanne Freeman già qualche giorno dopo il 6 gennaio, “gli americani non trovano le parole per descrivere quello è accaduto”. E infatti, quell’assalto è stato descritto in tanti modi diversi: un’insurrezione; un atto eversivo; una rivolta; un tradimento; un colpo di stato; un autogolpe; una manifestazione di “patrioti”; e persino una “normale visita turistica”.

Trovare una definizione convincente a quell’attacco è uno degli obiettivi principali della Commissione parlamentare d’inchiesta sul 6 gennaio, che è stata istituita nel luglio del 2021 ed è composta da sette parlamentari democratici e soltanto due repubblicani (fortemente criticati dal partito, che sin dall’inizio ha boicottato i lavori).

Nel corso della sua lunga indagine, la Commissione ha acquisito più di 125mila documenti e intervistato oltre mille testimoni. Dal 9 giugno del 2022 sono iniziate le audizioni pubbliche, che servono a “presentare i risultati dell’inchiesta sul tentativo di rovesciare il risultato delle elezioni presidenziali del 2020”. In tutto ne sono previste sei, nell’arco di due settimane; finora ce ne sono state tre.

Nel corso della prima – trasmessa sui principali network televisivi (esclusa Fox News, che ha dato spazio al conduttore estremista e complottista Tucker Carlson) – il presidente della Commissione Bennie Thompson, un deputato democratico, ha detto chiaramente che l’assedio è stato “il punto culminante di un tentato golpe e che “Donald Trump ha istigato la folla a marciare verso il Campidoglio per sovvertire la democrazia americana”.

In generale, ha scritto la giornalista Molly Jong-Fast su The Atlantic, il fine ultimo della Commissione è piuttosto ambizioso – ossia “mostrare agli americani quanto fosse coinvolto l’ex presidente, e perché bisogna essere preoccupati dal totale rigetto delle norme democratiche da parte del partito repubblicano”.

Qui di seguito abbiamo raccolto i momenti e i fatti più significati emersi dalle prime tre audizioni.

L’entourage di Trump sapeva che le elezioni si erano svolte regolarmente, e che i loro ricorsi erano inutili o addirittura illegali

La sera del 4 novembre 2020 Trump aveva dichiarato di aver vinto le elezioni: ovviamente non era vero, e tutti quanti alla Casa Bianca lo sapevano perfettamente.

Come risulta da varie testimonianze, all’interno della Casa Bianca più di una persona ha cercato di spiegare a Trump che le presidenziali si erano svolte regolarmente, che non avrebbe dovuto continuare a parlare di “vittoria”, e che i discorsi su “brogli” e “frodi elettorali” non stavano in piedi.

Di fronte alla Commissione, l’ex procuratore generale William Barr (l’equivalente del nostro ministro della Giustizia) è stato particolarmente duro sul punto: le accuse di brogli erano “idiozie”, “cose senza senso”, “roba folle” e “stronzate”. Barr ha aggiunto che se “davvero Trump crede in quelle cose, allora è completamente fuori dalla realtà”. Anche la figlia Ivanka Trump ha fatto sapere di essere d’accordo con Barr, scaricando di fatto il padre … leggi tutto

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