Le storie di Ibtissam e Omar: “Siamo italiani ma senza cittadinanza” (dire.t)

di Maurizio Papa

Omar avrebbe voluto fare il poliziotto ma non 
può fare il concorso, 

per Aziz la cittadinanza è stata come una corsa a ostacoli lunga chilometri: le loro vicende raccontate a ‘Italiani di diritto: la riforma che serve’

BOLOGNA – Votare. E viaggiare. Se Ibtissam riuscisse ad ottenere la cittadinanza italiana, sono le prime due delle tante “porte” che vorrebbe aprire sulla sua vita e che oggi, invece, per lei restano chiuse. Ibtissam ha 23 anni, è arrivata in Italia e vive a Bologna da quando ne aveva dieci: la sua è una delle testimonianze raccolte in occasione di ‘Italiani di diritto: la riforma che serve‘, un incontro sulla legge di cittadinanza che si è svolto nei giorni scorsi a Bologna su iniziativa dell’Associazione nazionale oltre le frontiere (Anolf) dell’Emilia-Romagna.

“Sono arrivata per ricongiungimento familiare, per raggiungere il babbo. Ho fatto tutto il mio percorso scolastico, sia elementari che medie e superiori – racconta Ibtissam alla Dire – e mi sono diplomata in marketing. Purtroppo ancora non ho il diritto di poter avere la cittadinanza italiana, nonostante mi senta italiana al 100%, siccome ormai ho passato più di metà della mia vita qui. Mi piacerebbe tanto usufruire di questo diritto, che mi aprirebbe un sacco di porte”. A livello lavorativo, ma non solo, perché “ad esempio mi permetterebbe anche, una cosa che per molti è banale, esprimere il mio voto“.

È proprio su questo aspetto che Ibtissam farebbe leva se avesse l’occasione di parlare con chi è contrario ad agevolare l’acquisizione della cittadinanza, attraverso riforme come quelle sullo Ius soli o sullo Ius scholae: “Mi sento di far parte di questo Stato e mi piacerebbe esprimere il mio voto per poter decidere il futuro del mio Paese”. Poter votare “per me è una cosa meravigliosa. Poter esprimere la propria opinione e il proprio voto è qualcosa che ti permette anche di crescere e sentirsi ascoltati. Poter dare la propria opinione in un Paese che ormai sento mio”, dice Ibtissam.

Intanto, qualche anno fa Ibtissam ha sposato un ragazzo con cittadinanza italiana ma “ad oggi ancora io non ce l’ho”, spiega. Da un lato, “non posso richiedere quella per residenza, non avendo il Cud – continua Ibtissam – perché non lavoro. Non riesco a trovare il lavoro che mi piace, più adatto a me, siccome non posso fare richieste ai concorsi pubblici, non avendo la cittadinanza”. Allo stesso tempo, “per richiedere la cittadinanza con mio marito, quindi per matrimonio, bisogna sposarsi, stare insieme per due anni, avere una residenza in comune e per poterla richiedere – continua Ibtissam – bisogna avere un permesso di soggiorno Ue, che ancora non ho”.

Per Ibtissam, così, la cittadinanza resta ancora un sogno. Per poter votare, certo, ma non passa tutto per la tessera elettorale: “La cittadinanza mi darebbe la possibilità di poter viaggiare, perché ora non riesco mai a farlo avendo sempre il permesso di soggiorno scaduto”.

OMAR VOLEVA LA DIVISA: “MA SENZA CITTADINANZA ADDIO POLIZIA”

Cosa vuoi fare da grande? Il poliziotto, avrebbe risposto Omar. Nato in Perù 26 anni fa, Omar è arrivato 14enne in Italia per raggiungere la madre. Ma non ha mai indossato l’uniforme: niente cittadinanza italiana, niente concorso. Omar ha raccontato la propria storia nel corso dell’iniziativa ‘Italiani di diritto: la riforma che serve’, organizzata qualche giorno fa a Bologna dall’Associazione nazionale oltre le frontiere (Anolf) dell’Emilia-Romagna.

L’incontro è stato organizzato per discutere dei possibili cambiamenti alla legge sulla cittadinanza “e io ritengo che questa riforma sia veramente importante”, non ha dubbi Omar. Una volta arrivato in Italia, “ho iniziato subito a studiare, anche se non sapevo neanche una parola di italiano ed ho avuto diverse difficoltà inizialmente.

Dopodiché mi sono fatto le ossa per cercare di andare avanti“, racconta Omar, fino al conseguimento del diploma in un istituto tecnico ad indirizzo metalmeccanico. Finita la scuola, “avevo in mente di entrare in Polizia ma non avendo la cittadinanza non potevo nemmeno provarci – spiega Omar -. Neanche ai tempi in cui ero bambino mia madre poteva darmi la cittadinanza perché lei non aveva un reddito sufficiente per poterla richiedere”.

Sfumato l’ingresso nelle forze dell’ordine, “ho pensato di fare l’Università e mi sono iscritto a Economia aziendale. Ho fatto qualche mese, poi purtroppo ho dovuto lasciare – continua Omar – perché mia madre si è fatta male e non essendoci nessuno ad aiutarci ho dovuto lavorare io.

Ho fatto diversi lavori da quando avevo circa 19 anni e, appunto per motivi di lavoro, mi sono dovuto spostare molto spesso tra le regioni per cercare un futuro migliore”.

Ed è a causa di questi continui spostamenti che adesso “ho dei dubbi riguardo alla residenza sui dieci anni continuativi – continua Omar – perché ho cambiato residenza più volte. Ma ora che ho una stabilità qua a Bologna, vorrei chiedere la cittadinanza, per avere anche la possibilità di votare e far sentire la mia voce”.

AZIZ: “CITTADINANZA COME CORSA A OSTACOLI, MA DI KM E KM”

Il cammino verso la cittadinanza italiana? “È a ostacoli. Solo che ogni volta non sono 100 metri, ma chilometri e chilometri di ostacoli”. La vede così Aziz, 36 anni, arrivato in Italia dal Marocco a metà della quarta elementare per una nuova vita a Reggio Emilia. Oggi Aziz la sua corsa a ostacoli l’ha vinta e, da italiano anche secondo legge, ha ripercorso la propria vicenda durante l’incontro ‘Italiani di diritto: la riforma che serve’, organizzata nei giorni scorsi a Bologna dall’Associazione nazionale oltre le frontiere (Anolf) dell’Emilia-Romagna, di cui è socio.

Anni fa Aziz è stato tra i protagonisti del documentario “18 ius soli: il diritto di essere italiani”, vincitore nel 2012 del premio Ilaria Alpi. “Immaginate un ragazzo che arriva, inizia la scuola e non si pone tante domande. Io ho una figlia di 11 anni – racconta Aziz – e mi sto rivedendo in quello che fa lei. Fai le tue attività, studi e non ti rendi conto che c’è qualcosa che non va, che non quadra, fino a quando non fai la prima fila. Ed è la fila allo sportello della Questura.

Quando fai quella fila ti rendi conto che Marcello, il tuo compagno delle elementari, non fa la fila ma tu sì, alle cinque e mezza o sei del mattino. Una fila poco organizzata, un po’ affollata, c’è qualcuno che magari è lì da mezzanotte o prima perché deve fare le pratiche burocratiche e andare poi a lavorare”.

Almeno, Aziz non ha perso anni a scuola: “Sono sempre grato a mio padre che è riuscito, con maestria burocratica, a tradurre i certificati di frequenza in Marocco nel riconoscimento della quarta elementare, sennò avrei dovuto rifare l’anno”. Allo stesso tempo, “non sarò mai abbastanza riconoscente alle maestre”, aggiunge Aziz ricordando ancora nomi e cognomi delle insegnanti, perché “con pazienza ti insegnano l’italiano e ti danno le indicazioni che servono”.

Così, dalla scuola, “vai avanti e ti rendi conto che ci sono due percorsi paralleli. C’è la voglia di costruire e chiedere un riconoscimento, ma dall’altra parte c’è il contesto sociale in cui ti dai da fare: all’oratorio, in un’associazione o con il Comune e tante realtà, ma c’è una società che fa fatica a riconoscerti”, sottolinea Aziz. Nel frattempo, maturati i requisiti per la cittadinanza, “presenti la richiesta dopo quasi 16 anni e non è una richiesta di riconoscimento, se andate a vedere i moduli: ‘Chiedo di avere la concessione della cittadinanza’. E dici: ma perché devo chiedere qualcosa che sto costruendo insieme ad altri?“. Una cosa “assurda e paradossale”, per Aziz.

Ma comunque “fai la richiesta, la lasci lì e la dimentichi – continua il 36enne – perché torni alla tua vita parallela, che è quella di fare le tue attività, andare avanti, iniziare a lavorare nel sindacato, far parte di un’associazione come l’Anolf e compilare pratiche dove tu stesso vedi delle assurdità ma dici: devo avere a che fare con queste regole”. Alla fine, il decreto arriva nel 2013: “Al cittadino straniero…”, recita. E così “anche lì – allarga le braccia Aziz – ti dici: aspetta un attimo, cos’è questa cosa?”.

Ma ora la cittadinanza c’è e si passa al giuramento, ricorda Aziz: “Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato. Però è quello Stato, quel contesto sociale, che ha fatto fatica a riconoscerti. Ma hai prestato giuramento e vai avanti”. Però Aziz sa che per un cittadino come lui che al traguardo è arrivato, molti altri ancora hanno chilometri di ostacoli davanti. E allora “è veramente frustrante vedere una miriade di riforme che vengono presentate e ripresentate. Tu dici: sarà la volta buona? E invece dobbiamo ancora attendere”, conclude Aziz.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *