Dopo la crisi, le risposte da dare (corriere.it)

di Aldo Cazzullo
Gli italiani sono consapevoli di avere di fronte 
un periodo difficile: la guerra, 
l’emergenza economica, la pandemia che sembra non finire mai. Hanno diritto a essere presi sul serio

È possibile condurre ad agosto una campagna elettorale seria, senza promesse impossibili da mantenere, senza tradire la collocazione internazionale dell’Italia? Non solo è possibile; è necessario. Soprattutto se poi si vuole governare davvero.

C’è qualcosa di irrazionale, in un Paese che si priva di un uomo come Mario Draghi. Nello stesso tempo, quello che è accaduto l’altro ieri in Senato è perfettamente logico.

Il populismo, di destra — Salvini — e di sinistra o presunta tale — i 5 Stelle —, poteva restare imbrigliato nella logica liberale ed europeista in tempo di crisi e in circostanze eccezionali.

Ma già nel gennaio scorso, ignorando la disponibilità di Draghi a proseguire per sette anni al Quirinale il suo ruolo di garante dell’ancoraggio europeo e atlantico dell’Italia, i populisti avevano di fatto chiuso l’esperienza della solidarietà nazionale.

Si è pensato che la guerra in Ucraina, con la crisi energetica e l’impennata dei prezzi, avrebbe prorogato l’emergenza, quindi il governo. Passati i primi mesi, è accaduto il contrario. È proprio la linea della fermezza verso Putin ad aver mandato in frantumi la maggioranza; a meno che qualcuno non creda seriamente che il governo sia caduto su tassisti e bagnini.

Ma ora si apre un’altra pagina. E sarà difficile fare come se la guerra non ci fosse, come se l’emergenza economica non esistesse, come se il governo Draghi non ci fosse mai stato. Anzi, mercoledì mattina al Senato Draghi ha posto alcuni punti con cui chiunque intenda governare il Paese dovrà confrontarsi.

L’Italia veleggia verso i tremila miliardi di debito pubblico. Fronteggia una drammatica crisi energetica, priva com’è di fonti nucleari e naturali, in difficoltà financo a far funzionare i rigassificatori necessari a usare quelle che importiamo.

Si è impegnata con l’Europa a una serie di riforme liberali, in cambio di decine di miliardi a fondo perduto. Ha un ruolo-chiave nella costruzione europea e nel confronto con la Russia di Putin.

Cosa pensano di questi temi i leader che si candidano alla successione di Draghi? Si preparano a promettere tutto a tutti, facendo esplodere il debito pubblico? Hanno un piano per evitare il razionamento energetico nel prossimo inverno, con il rischio di fermare la produzione industriale?

Porteranno avanti l’agenda delle riforme, o si arrenderanno alle categorie che gridano di più? Soprattutto: sono per rafforzare l’Europa, d’intesa con Macron, Scholz, von der Leyen? O sono per indebolirla, d’intesa con Orbán? Infine: sono contro Putin? O sono con Putin?

Non sarebbe serio sottrarsi, in campagna elettorale, a queste risposte.

I partiti che si presenteranno alle elezioni del 25 settembre non saranno gli stessi che conosciamo. Al centro nascerà una forza per federare coloro che sono usciti dai Cinque Stelle, da Forza Italia, dallo stesso Pd.

A destra è probabile che Berlusconi e Salvini tenteranno di unirsi, nella speranza di non consegnare a Giorgia Meloni le chiavi della coalizione favorita da tutti i sondaggi … leggi tutto

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *