di Alberto Alemanno – The Guardian (Londra)
Contrariamente a quanto molti affermano l'Unione europea può fare parecchio per proteggere i cittadini dalla pandemia e per far fronte alle conseguenze dell'assenza di coordinamento tra stati membri, sostiene il giurista Alberto Alemanno.
Più di 250 milioni di cittadini europei sono in isolamento domiciliare coatto per contribuire a frenare la diffusione del virus Covid-19. Eppure, mentre svedesi, tedeschi e bulgari passeggiano ancora più o meno liberamente nelle loro città, italiani, spagnoli e francesi non possono lasciare le loro case. I bambini svedesi vanno ancora a scuola, mentre la maggior parte dei loro coetanei europei non ci va. I negozi sono aperti nei Paesi Bassi e in Danimarca, ma chiusi altrove.
Come possiamo dare un senso a queste realtà conflittuali quando i cittadini europei sono tutti ugualmente colpiti dal virus? Come possiamo raggiungere lo stesso obiettivo: il contenimento della malattia in un continente condiviso, apparentemente senza frontiere, con un tale spettro di politiche diverse?
Per la stragrande maggioranza dei cittadini europei questa emergenza è quanto di più simile possibile all’esperienza di una guerra. E mentre moltissimi di loro guardano all’Ue per ottenere protezione e soluzioni comuni, Bruxelles sembra impotente.
Ursula von der Leyen, la presidente della commissione europea, ha rivolto un rimprovero ai governi membri per non essere riusciti a mettersi d’accordo nell’ultimo vertice. Troppi, ha detto, hanno egoisticamente “guardato a sé stessi”, limitando le esportazioni di forniture mediche verso altri paesi dell’Ue e chiudendo le frontiere … leggi tutto