di Giovanna Casadio
Il leader di Italia viva aveva puntato tutte le carte sul fallimento del patto tra dem e Azione
“Buona strada”, augura Carlo Calenda agli amici renziani. “Caro Carlo, buon vento”, risponde la ministra renziana Elena Bonetti a Calenda. Ma al di là dei toni moderati, come si conviene tra moderati, Matteo Renzi è rimasto solo. La corsa sua e di Italia Viva, il partito nato per scissione dal Pd nel 2019, sarà in solitaria. Punta al 3% – soglia indispensabile per entrare in Parlamento – che gli garantirebbe tra gli 8 e i 10 deputati e 3 o 5 senatori.
È convinto di riuscirci. È certo di poter essere ancora ago della bilancia, come è accaduto quando, post Papeete, con abile mossa del cavallo, ha tenuto a battesimo il Conte 2, il governo giallorosso e, dopo, ha scommesso sulla nascita dell’esecutivo Draghi di unità nazionale.
Adesso però, è dura. Il giudizio su Calenda, con cui era convinto di riuscire a fare un polo centrista, è netto: “Ha sbagliato scelta, sta facendo un errore. Il voto utile è a noi. Era un’occasione straordinaria per fare un terzo polo a doppia cifra, avrebbe penalizzato la destra. Invece gli amici di Azione hanno deciso altrimenti.
Noi siamo signori, non facciamo polemiche, ma non possiamo stare nella coalizione con chi per 55 volte ha votato contro Draghi. Fratoianni è un signore che fa politica e ha idee che non condivido… il fatto che Azione scelga legittimamente di abbracciare Rifondazione vuol dire che per noi si apre uno spazio straordinario”.
Ce n’è anche per Letta. Con gli amici del partito, Renzi si è sfogato: “Nessuna sorpresa, questa era la strategia di Letta fin dal primo giorno. Non condivido la scelta ma la rispetto: andiamo controcorrente e il 26 settembre vedremo chi ha avuto ragione”.
Vero è che il segretario del Pd garantisce che “il dialogo con Renzi è ancora aperto”, in realtà la partita è chiusa. Fino alle 13.47 di ieri, quando è stata annunciata la conferenza stampa congiunta tra Calenda e Letta, il leader di Iv aveva puntato tutte le sue fiches sul fallimento di quell’accordo. Se Emma Bonino a quel punto si fosse sfilata, Calenda ancora più avrebbe avuto bisogno di un patto con Renzi, anche per evitare di raccogliere le firme per le liste.
Ora Renzi confida di avere disdetto gli impegni familiari, niente relax men che meno vacanze, perché una cosa è essere in tandem, altra restare in prima linea per tutta la durata della campagna elettorale. A volere vedere il bicchiere mezzo pieno, esercizio non facile, c’è il fatto di non avere da includere e scartare nelle liste tra sommersi e salvati.
E se Letta gli avesse detto: “Matteo ti do cinque seggi, tu però togliti di mezzo”, ebbene sarebbe stato disposto a farlo con la difficoltà di scegliere i 5, sicuramente Maria Elena Boschi, Teresa Bellanova, Bonetti. Adesso il drappello di parlamentari renziani uscenti sarà presente al gran completo, almeno che qualcuno non decida di sfilarsi in dissenso.
C’è bisogno di tutti e di più, per competere nelle elezioni del 25 settembre. Poi, andrà come andrà. L’ex premier e senatore dovrebbe candidarsi alla Camera: una acrobazia vincere.
Su Twitter ieri Renzi non lancia bordate, ma spiega: “Abbiamo voluto Draghi al governo, soli contro tutti. Oggi non ci alleiamo con chi ha votato contro Draghi … leggi tutto