Bonaccini boccia un Pd che sta solo a sinistra: “Basta uscite da salotto, io non ho nostalgia dei Ds” (bologna.repubblica.it)

di Silvia Bignami

Il presidente della Regione contro gli "scienziati" 
che "teorizzano strategie o soluzioni 
dal piedistallo". 

“Solo parlando largo e conquistando elettori da altri schieramenti abbiamo vinto in tanti Comuni”

Questa il governatore Stefano Bonaccini non la fa passare. Lo aveva già accennato domenica sera, a poche ore dall’addio di Carlo Calenda – in volo verso il Terzo Polo da costruire con Matteo Renzi – ma stavolta lo ripete con forza.

Leggo che qualcuno ritiene invece che la funzione del Pd dovrebbe essere quella di rappresentare la sola sinistra. Fosse stato per tali scienziati non avremmo vinto le regionali, ne’ in città come Piacenza, Cento, Rimini o Riccione. Invece che teorizzare strategie e soluzioni da un piedistallo, consiglierei di frequentare i territori, parlare con le persone, sapere cos’è una partita Iva. Si chiama “mondo reale” da conoscere e affrontare, non “mondo virtuale” da commentare, magari seduti in salotto”.

La sferzata arriva nel giorno in cui il politologo Carlo Galli, intervistato su Repubblica, ha sposato la linea del sindaco di Bologna Matteo Lepore, che ha indicato la via di un Pd “laburista”, che torni a occuparsi delle fasce deboli e smetta di inseguire le èlite. Un Pd che per fortuna, ha sottolineato il primo cittadino, non s’è fatto sedurre da Carlo Calenda, “che voleva solo strappare a Enrico Letta un impegno a snaturare il Pd”, portandolo al centro.

Una ricetta benedetta dal politologo Galli, che  ridimensiona il “modello Bonaccini” di campo largo che vada dalla sinistra fino a Calenda e a Renzi: “Quel modello funziona solo in Emilia-Romagna. In Italia no. Lo diceva anche Togliatti”.

Bonaccini, che da tempo è corteggiato dai riformisti Pd in vista del prossimo congresso (un tema sempre più sentito dai dirigenti critici sulla strategia di Enrico Letta e preoccupati da una imminente sconfitta alle elezioni del 25 settembre), ribadisce però le sue ragioni. In un lungo post su Facebook, il presidente della Regione s’inalbera: “Se alle elezioni regionali del 2020 in Emilia-Romagna abbiamo vinto quando tutti ci davano sconfitti, e successivamente (nelle tre tornate amministrative dall’ottobre 2020 ad oggi) siamo l’unica regione in cui Pd e centrosinistra hanno prevalso in 5 capoluoghi su 5 (al primo turno Bologna, Ravenna e Rimini un anno fa, di recente a Piacenza, strappandola alla destra a casa loro, e a Parma dopo ben 25 anni di opposizione) e riconquistato anche grandi comuni come Imola, Cento, Cattolica, Vignola, Budrio, Riccione (tutti governati da altri) e’ perché ci siamo presentati con un centrosinistra rinnovato, plurale e civico. Sapendo parlare largo, conquistando voti anche da elettori di altri schieramenti”.

Altro che rinchiudersi a sinistra, insomma: “Non dobbiamo lasciare la rappresentanza del riformismo a chicchessia” dice Bonaccini pensando a Calenda e Renzi.

Un tema che Lepore aveva cercato di accantonare nei giorni scorsi, facendo osservare anche a Bonaccini che “si tratta di temi precongressuali. Ora occupiamoci dei programmi. Lo dico con spirito di amicizia e di unità”.

Il governatore però insiste sul punto: “Io mi sento orgogliosamente un uomo di sinistra, ma non ho nostalgia del Pds o dei Ds, e convintamente contribuii a fondare il Pd come casa dei democratici, dei progressisti e dei riformisti, per unire culture e sensibilità differenti, con l’ambizione di conquistare anche nuovi elettori o recuperare chi ci aveva abbandonato. Un Pd e un centrosinistra mai contro qualcuno, ma per qualcosa”.

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